Il cinghiale come simbolo delle forze avverse e i rapporti che intercorrono fra l´animale e il cacciatore stanno al centro di questa proposta di lettura di antropologia simbolica della caccia grossa in Sardegna, svelando uno scenario percorso da rituali e saturo di simboli. L´evidenziazione della differenza fra caccia e predazione, tra azione umana e comportamento animale rimanda all´interpretazione della caccia al cinghiale quale simulazione di conflitti sociali e tensione intrapsichiche, proponendone una lettura che va al di là delle letture contingenti delle mode ecologiche e della stessa percezione che di essa hanno i cacciatori che spesso la riducono a pratica sportiva.
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S'òpera
Alle soglie di un´era che forse vedrà la definitiva scomparsa della caccia, dopo secoli di anacronismo vissuto con grande prestigio, questo volume avvia una riflessione di ampio respiro sulle ragioni nascoste che ancora oggi animano dal di dentro le imprese venatorie. La caccia presenta ovunque uno scenario percorso da rituali e saturo di simboli. Sempre capace di produrre passioni eccessive e di rinnovare mitologie. Questa dimensione simbolica della caccia, che l´immaginario ecologico sottovaluta e che gli stessi cacciatori ben poco percepiscono (quando considerano la loro attività uno sport), trova suggestive rappresentazione e puntuali analisi in questo volume. Una ricerca antropologica che, in base ad un esame delle differenze tra caccia e predazione, tra azione umana e comportamento animale, propone di considerare l´attività venatoria come una simulazione drammaturgica di conflitti sociali e tensioni intrapsichiche. Questa ipotesi trova un´articolata conferma nel contesto della realtà venatoria sarda. Qui l´autore ricostruisce, con un approccio che continuamente oscilla tra etnografia e interpretazione, la trama mitico-rituale delle battute al cinghiale e rende così più trasparenti i richiami sociali e psicologici dei simboli venatori.
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