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I supplici



I supplici - Bachisio Zizi, Cosarda (2002)

Autore/es Bachisio Zizi
Editore Cosarda
Editzione Cagliari, Ghennàrgiu 2002
Pàginas 312
Genia Narrativa
Suportu Pabìru 
Prèsu € 12,20
Limba de publicatzione Italianu

  Àteros piessignos

S'òpera

Quale sorte tocca ai personaggi di una narrazione abbandonati per disamore o inconsistenza? E quali vuoti e lacerazioni il loro ripudio lascia nell´autore creatore portato a vedere in ogni personaggio caduto il riflesso di un proprio fallimento? Questo è l´intimo dramma da cui prende avvio il racconto di un Autore in crisi d´inventiva che si lascia condurre dalle visioni, implorando altre lingue per supplire alla morte della scrittura. I suoi messaggi giungono dall´ultramondo degli immateriali a un "narratore di supporto", "comandato" a tradurre e interpretare gesti e simboli per far scaturire bagliori di senso dall´ineffabile.
I Supplici non hanno esistenza compiuta, ma neppure certezza di morte, per quel germe d´eternità che si portano dentro fin dalla prima inseminazione. Il loro riscatto o risalita avviene nella coralità, quando, mettendo a nudo impietosamente i travagli dell´autore padrone, riescono a sciogliere la loro sospensione raccontandosi, come avviene nel Coro degli angeli, incastonato nel romanzo per dare voce ai personaggi femminili, i più autentici nel loro partire dalle cose per tornare alle cose.
Nella narrazione irrompe Prometeo, simile a un dio per inventiva, vigore della mente e splendore dell´aspetto; concepito dal suo autore per aprirsi al mondo e angelizzarlo, questo "personaggio dei personaggi" si perde in un delirio di onnipotenza e prepotenza. Le sue fughe e riapparizioni schiudono altri orizzonti di senso al romanzo che acquista accenti epici raccontando i mondi remoti del futuro dei futuri dove il destino degli umani sembra debba compiersi nella perdizione. Invocato dall´autore, Prometeo riesce a riemergere da quei gorghi, portandosi dietro, come un capitano in rotta, lo sciame degli Infuturati o Superumani, che dopo aver soggiornato in quelle lontananze si spogliano delle loro protesi, un tutto ch´è un niente, per recuperare l´umanità perduta e anche la morte, agognata come l´unico istante sereno del loro tedioso vivere.
Cadute le speranze sovrumane, anche Prometeo grida la sua fedeltà alla terra e, riconciliato, si muove verso qualcosa di proprio, qualcosa ancora lontana nella sua vaghezza, ma presentita come il luogo dov´è possibile per Supplici e Infuturati ritrovare il ritmo della vita.
All´Autore non è dato varcare la soglia dell´immaginazione e dell´astrazione ardita: per affermare la sua rinascita deve svanire insieme alle parole di cui si è nutrita la sua esistenza; prima però benedice il viaggio dei suoi personaggi, che lui, con un ultimo sussulto, è riuscito a rendere finalmente padroni delle loro menti e dei loro cuori.

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