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Dentro il girone infernale della malattia.

Rassigna de imprenta | La Nuova Sardegna | Dom, 23 Nadale 2007
Una volta compiuto il processo di maturazione nel ventre materno, il primo impatto del nuovo nato col mondo esterno è quello, meraviglioso e terribile allo stesso tempo, con la luce. Ed è proprio sotto il segno della luce, ma una luce «abbacinante» e capace solo di ferire gli occhi, che si apre il romanzo di Alessandra Neri, intitolato appunto Nove Mesi: solo che qui a crescere ed evolversi non è un feto, ma un cancro che consuma dall´interno la protagonista; i nove mesi, qui, non indicano il preludio a una nuova vita, ma il periodo di assenza del ciclo mestruale a causa della chemioterapia, e la conseguente impossibilità a procreare; il grembo della madre, qui, è la stanza del reparto di oncologia di un centro all´avanguardia. Non c´è intreccio nelle 114 pagine del libro della Neri, ma una continua, ostinata, straziante protesta d´identità: quella di una persona che pretende di continuare a essere considerata un essere umano, pur se costretta quasi perennemente a letto e sottoposta a trattamenti che ne devastano aspetto fisico, umore, capacità, rapporti con gli altri. Mantenere una parvenza di normalità è l´unica soluzione per non farsi sopraffare dalla malattia e dal malessere: ´Lavarsi, tutti i giorni, rimanere attaccati alle proprie abitudini, mantenere un aspetto decente, onorare l´unico dogma davvero degno, l´essere ancora un uomo, nonostante tutto attorno concorra a un tuo svilimento, alla perdita del tuo senso di umanità´. E non è un caso che il personaggio principale, una maestra di neanche quarant´anni di cui non conosciamo il nome, paragoni sé e le altre pazienti nella sua condizione ai deportati nei campi di concentramento, che i nazisti, come primo atto di mortificazione e umiliazione, privavano proprio dell´identità: ´Chi sono queste donne vicino a me, anche a loro è stata inflitta la rasatura, la svestizione e le docce comuni? Ci iniettano il cyclon-B nella vene, barcolliamo, perdiamo poco a poco le sembianze, vaghiamo come ombre giallastre e terree, senza più contorni definiti né lineamenti´. Nove mesi è, più che un romanzo in senso stretto, il resoconto di un calvario, della disperazione che nasce dalla domanda, forse inutile e insensata, ma ineludibile, ´Perché è toccato proprio a me?´, la descrizione d´una situazione da girone dantesco, in cui s´è obbligati a ripetere ogni giorno le stesse azioni, per convincersi d´essere ancora vivi e d´avere qualche possibilità di spuntarla sulla malattia; ma è anche la testimonianza di come una prova talmente dura per chiunque si trovi ad affrontarla, possa servire a fare un bilancio della propria esistenza (´Tutto il mio da fare, la mia agendina fitta di appuntamenti, la corse in macchina e, tutto d´un tratto, una battuta d´arresto, e il tempo si è dilatato, si è espanso, ha smesso di correre´), a riflettere su errori e passi falsi, sulle relazioni con le persone care e quelle meno care, su ciò che si può o si deve chiedere davvero alla vita. Alessandra Neri, romagnola alla sua opera prima per il Maestrale di Nuoro, affida al lettore un libro bellissimo, toccante, in cui, all´inevitabile durezza di certe descrizioni (´Mi fa schifo mangiare dove dormo, e cago e piscio´) fanno da contrappunto la limpidezza del lessico e una nutrita serie di citazioni e rimandi letterari (da quelli, insistiti e calzanti, del Primo Levi di ´Se questo è un uomo´, a quella del Montale di ´Falsetto´) che accrescono il testo di spessore, senza mai appesantirlo.
Alessandro Marongiu

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