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Uno sguardo oltre la natura

Rassegna stampa | La Nuova Sardegna | Mer, 14 Maggio 2008
La fotografia ha i suoi modi, i suoi ambiti diversi: il reportage, narrazione fotografica in genere legata al giornalismo; la fotografia sportiva che, agli alti livelli, è anch´essa una forma di racconto, non solo documentazione del gesto atletico; la fotografia dell´oggetto o still life, che ruota intorno alla pubblicità e alla foto d´arte; la figura umana ed il ritratto, ancora pubblicità, moda e arte, ma anche foto tessera, o documentazione di riti sociali, come per la fotografia di cerimonia; la fotografia di architettura e di paesaggio, ormai considerate strumenti per una conoscenza meditata dei luoghi e degli spazi urbani. Ed anche, amata forse più di qualsiasi altra maniera fotografica dal grande pubblico, che vuole ´cose belle´ e non cerca ´pensieri´, la fotografia naturalistica che, in parte attinente alla fotografia di reportage, ritrae la fauna, la flora, il paesaggio, i dettagli e gli effetti grafici di scene naturali. Il fotografo naturalista onesto e consapevole ha come scopo principale quello di mettere in scena la natura il più possibile come è, dandone naturalmente un´interpretazione fotografica personale, ma cercando di documentare nel modo più neutrale possibile, lavorando a volte anche in condizioni controllate per raggiungere un risultato ottimale, in questo caso esplicitando il contesto in cui è stata realizzata l´immagine. Oltre a delle ovvie capacità fotografiche il buon fotografo naturalista deve avere conoscenza scientifica dei soggetti e delle situazioni oggetto del suo lavoro. Come tutte le forme della pratica fotografica la fotografia naturalistica ha stelle nel proprio firmamento. Nomi noti non solo a chi fotografa ma anche a chi sogna e viaggia attraverso le pagine delle riviste, «National Geographic» fra tutte, che raccontano il mondo e la natura, le bestie selvagge ed i vulcani, la tundra e l´ Himalaia, il padre Nilo ed il Mississippi. Tra questi spiccano l´olandese Frans Lanting, il sudafricano Steve Bloom, l´inglese Andy Rouse, il finnico Hannu Hautala, lo statunitense Michael Nichols, il francese Vincent Munier, il giapponese Mitsuaki Iwago, lo scomparso Fritz Pollking, tedesco e precursore della moderna fotografia naturalistica. Tra gli italiani corre l´obbligo citare Paolo Fioratti, Manuel Presti, primo ed unico italiano a vincere il prestigioso Wildlife Photographer of the Year, Roberto Rinaldi, che si è anche occupato di fotografia subacquea, lavorando insieme a Jacques Costeau. Tra i sardi ricordiamo Domenico Ruiu, Egidio Trainitto, Bruno Manunza, Giovanni Paulis, Renato Brotzu, Lino Cianciotto, per citare i più accreditati. Di fotografia naturalistica si occupa da qualche anno Simone Sbaraglia, giovane matematico romano che, dal 2005, insegna Matematica ed Informatica all´Università di Cagliari. In questi giorni, e sino al 23 di aprile, una mostra dal titolo «Popular Geographic» presenta, nello spazio di Su Palatu e Sas Iscolas a Villanova Monteleone, una serie di immagini realizzate da Sbaraglia in luoghi vari del pianeta: l´isola giapponese di Hokkaido, dove ha fotografato cigni selvatici e aquile di mare, oltre alle gru giapponesi forse, insieme al fenicottero rosa, uno dei volatili più ritratti dai fotografi e non solo, poiché si tratta di un´ icona della tradizione pittorica del Sol Levante; il notissimo Yellowstone Park nel Wyoming, USA, dove ha incontrato il coyote ed i bisonti, un tempo numerosi in quelle terre, poi quasi sterminati dai ´wasiku´ (noi, gli uomini bianchi) per sterminare i ´selvaggi´.
Lo sguardo del matematico romano si è fermato sulle gru canadesi, colte in volo nel Bosque del Apache, riserva faunistica del New Mexico, forse tra le sue immagini più riuscite, così come sulle oche polari di quei luoghi; ha immortalato gli orsi bruni del Brooks River nel Parco Nazionale del Katmai, in Alaska, intenti a pescare salmoni o a bighellonare all´intorno; zebre e giraffe nel Serengeti in Tanzania, gru coronate e cuccioli di ghepardo nelle riserve naturali del Kenya; infine mostra alcune immagini di paesaggio ´americano´, luoghi notissimi e assai fotografati, come la Monument Valley d´Arizona, o le meno famose, almeno qui in Italia, formazioni di sabbia solidificata dei North Coyote Buttes, ai confini tra Utah ed Arizona. Sbaraglia è mosso da grande passione, per la natura e per la fotografia, maneggia con competenza la sua attrezzatura. Si occupa di fotografia naturalistica dal 2003, è quindi relativamente un neofita della materia. Cinque anni di pratica non sono tanti in fotografia, particolarmente nell´ambito della fotografia naturalistica, dove bisogna lavorare tanto, con estremo rigore, per cogliere risultati significativi. Anche perché non è del tutto vero che la fotografia naturalistica non ponga problemi e si occupi soltanto delle ´cose belle´ che fanno sognare. Certo le immagini vanno pensate in un ambito ampio, è necessario dar loro un contesto con un supporto scritto, ma il dramma di un ambiente sotto scacco, di una bio diversità che tragicamente si affievolisce, sono temi a cui la vera fotografia naturalistica non si sottrae. Non si tratta allora di andare oltre il proprio cortile, geografico o mentale che sia, ne´ di dar vita ad immagini così belle da sembrar finte. Probabilmente quello della fotografia naturalistica non è l´ambito più appropriato per scomodare concetti come la fugacità del tempo o il ´memento mori´ di Susan Sontag. Forse la parola giusta è umiltà, l´umiltà che possiede chi lavora al lungo per dire cose che abbiano un senso.

Antonio Mannu

Il libro  
Simone Sbaraglia

Popular Geographic

Hokkaido e dintorni


Villanova Monteleone, Soter editrice
2008, pp. 32, Arte
Euro 10,00
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