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Amori e disamori tra gli Angeli e il Diavolo

Rassegna stampa | L´Unione sarda | Mar, 14 Marzo 2006
È cresciuto tra gli Angeli e il Diavolo del golfo di Cagliari, il quartiere Getsemani. Con le piscine, il centro commerciale, i prati vera erba e i box privati e confinante, molto confinante, col più popolare rione La Palma. Sulle relazioni pericolose di due quartieri in osmosi, lo scrittore cagliaritano Francesco Abate costruisce il suo quarto romanzo, Getsemani, edito da Il Maestrale/Frassinelli (pagine 247, euro 15) e intitolato, a tradimento perché spiazzante, come l´evangelico Orto dei tradimenti. È una storia intrecciata e complessa, molto ben condotta tra gli scarti temporali e i primi piani ravvicinati di un congegno narrativo che dosa tensione e leggerezza e tiene il lettore incollato alla pagina. Non si dilunga, lo scrittore, sui suoi protagonisti. Fa in modo che essi si svelino a poco a poco nel crescendo di una trama che sembra svirgolare da ogni parte e inizia con una rapina in banca e prosegue, sghemba, in tante direzioni diverse quanti sono i personaggi che vi si agitano dentro. Fino a quando Francesco Abate tira le fila del suo ordito e si avvia a un epilogo che potrebbe essere l´inizio di altri sviluppi, di ulteriori snodi e convergenze. Cristallina la scrittura, stile secco e contemporaneo in un periodare veloce, incalzante come lo sgranarsi dei capitoli forniti di titolo e notazioni crono meteorologiche con l´indicazione di vento, umidità e temperature del giorno. Peraltro, piove quasi sempre su questa città mediterranea. Piove sul mare e sugli stagni e sulla spiaggia sotto la montagna scura. Piove sulle anime prave e sulle anime belle (decisamente poche), sugli intrighi e sulle alleanze, sugli amori e sui disamori di uomini e donne disegnati col bulino, ovvero a punta fine. Gente normale, come Antonio l´edicolante figlio di edicolante, un remissivo con scarse pretese e scarse vedute. Renzo l´ingegnere, figlio della maestra, testa pensante e muscoli d´acciaio. Suo cognato Mario e il loro esimio suocero Mario il Vecchio, preside della facoltà di Ingegneria, patriarca di polso con un avo normanno e uno saraceno. Mara la vedova bianca che al parlatorio in carcere, a trovare suo marito, ci va di giovedì col polpettone e il cambio stirato. Pellecchia Armando, impiegato in sovrappeso e il giovane Efrem ed Elena Velena, ragazza dark che di notte balla al Magnolia e di giorno fa la segretaria dell´Avvocato Moro, divorzista che sulla targa del suo studio ha scritto ´Riparazioni matrimoniali´. Ognuno ha un passato a Getsemani, e un incerto avvenire e un burrascoso presente. Tutti o quasi, sono stati compagni di scuola o di merende nell´infanzia passata per strada nel rione La Palma. Quelli che la fortuna l´hanno aiutata e quelli che si contenterebbero di poco ma proprio non riescono ad acciuffarlo. Quelli che sono soci del ´Gruppo d´ascolto mariti separandi´ e si ritrovano la sera nell´ex sezione Vladimir Lenin a lamentarsi delle mogli e delle amanti. Ci sono i ridicoli e i prepotenti, gli imbelli e i combattivi. Le acque chete e le finte sante. Le slavate e le vistose. Ci sono anche i perdenti come Antonio, dalle sei del mattino a vendere giornali, e i vittoriosi come Renzo, professionista rampante, rapace avvoltoio di soldi, donne e potere. E quelli che stanno in mezzo, ghiaino da cortile calpestabile a piacere, capaci però di esiziali rivolte. Nessuno comunque è veramente come sembra, nessun ruolo è definito per chi è nato a La Palma e non vuole restarci per sempre. Il sol dell´avvenire risplende a Getsemani, tra le case trilivelli, i mobili da giardino, le siepi ben curate e i ragguardevoli inviti a cena. Il fatto è che molto di quel denaro elegante conserva parecchi nessi col limitrofo rione da poveracci chiamato La Palma. Francesco Abate racconta con grande abilità una vicenda dal cuore nero servendosi in esatta misura di dialoghi e silenzi, di omissioni e di acclaramenti. L´umorismo entra nella tragedia, e viceversa, a innervare un´umana commedia ugualmente moderna e feroce. È uno dei molti pregi del suo libro, mescolare umori e atmosfere, sparigliare caratteri e destini con una sorta di pietoso cinismo. Ai fatti e misfatti dei suoi eroi di carta, Abate sottende la salda rete di una struttura letteraria affine al montaggio cinematografico. Parole sospese, frasi brevi, incisi, stacchi frequenti, virgole in modica quantità. Immagini che si compongono assieme, in modo felice, in virtù di un uso senza tentennamenti della lingua italiana, con qualche motivata apertura allo slang cagliaritano. Che fa colore e appartenenza.
Alessandra Menesini

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